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Lookin’ For A Brainwash

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Thierry+Guetta+2011+Film+Independent+Spirit+0EyuZdrTstKl

Thierry Guetta, francese noto al mondo con lo pseudonimo di “Mr. Brainwash” inaugura la sua prima mostra evento a Los Angeles nel 2008, “Life is Beautiful”. L’apice creativo arriva con l’esposizione “Icons” nel 2010 a New York. Se dovessimo analizzare il tratto o la tecnica di Guetta potremmo incappare in qualche incidente retorico intellettuale, l’arte è del gia visto e già fatto, un kitsch quasi estremizzato o reso pseudonimo di daily pop.

Il concetto d’artista, nella sua completa definizione ormai si è quasi perso, e non per carenza d’artisti ma per un epifania quasi onirica dell’occhio del fruitore. Il gia visto e gia fatto è minimalizzato non nella produzione stessa di un opera, ma nella reazione percettiva di colui che, lobotomizzato da troppe informazioni parallele, banalizza la reazione all’opera stessa pensando quasi che l’arte sia facile o fattibile o anche riproducibile. Per poter fruire quindi dell’opera di Mr. Brainwash, dovremmo partire dal dilemma che si poggia sulla riproducibilità stessa delle sue opere. Entrando in un capannone accolti da giganti elefanti rosa sembra quasi di entrare in un mondo surreale. E l’artista gioca, a mio avviso, proprio su questa reazione percettiva quasi primordiale ed infantile, con una tecnica sopraffina e non riproducibile.

Analizziamo adesso la definizione tecnica del termine artista, “In un senso più stretto si definisce artista un creatore di opere dotate di valore estetico nei campi della cosiddetta cultura alta, come la pittura, la musica, l’ architettura, il disegno, la scrittura, la scultura, la danza, la regia, la fotografia, la recitazione”. Parlando di estetica in modo crociano, quindi in modo quantitativo e non qualitativo, Guetta si diverte a ricreare volontariamente degli elementi che in modo controllato suscitano una reazione. Vedendo bombolette giganti o grandi elefanti rosa o grandi superfici, potremmo pensare inizialmente a qualcosa di “sweet and cheesy” come direbbero i newyorchesi, in realtà la reazione reale ci rimanda a quella distinzione che poi tanto elementare non è tra bello e sublime. L’egocentrismo di Guetta si spinge verso la seconda idea di produzione d’opera, con superfici enormi, colori shock, accostamenti iconografici volontariamente in disequilibrio.

Per render chiaro il concetto citiamo Edmund Burke che in un trattato del 1757 distingueva in modo estremamente tecnico il bello ed il sublime. Quest’ultimo desta una reazione incontrollata ed inaspettata di paura e terrore velati da un sorriso poichè piacevole, l’orrendo che affascina. L’artista sembra in questo modo renderci chiaro il meaning del suo pseudonimo, così come un lavaggio del cervello per chi fruisce, la cui esperienza percettiva crea quasi assuefazione.

In un film documentario diretto dal misterioso e geniale Banksy dal titolo “Exit trough the gift shop” Guetta utilizza questo nome d’arte per la prima volta, venendo a contatto con la street art ed il nuovo post-moderno. Mr. Brainwash si avvicina al movimento dell’arte invadente di strada grazie al cugino noto al mondo con lo pseudonimo di Invader. Ed altra influenza artistica è quella di Frank Shepard Fairey, conosciuto attraverso la produzione dello stesso film di Banksy. Fairey anche noto come OBEY è famosissimo per il manifesto “Hope” che riproduce il volto stilizzato di Barack Obama. Personalmente definisco l’opera di Mr. Brainwash totalmente accostabile a quella che per noi europei del vecchio mondo definiamo cultura alta.

G Barbera

giftshop9 Thierry-Guetta-aka-Mr.-Brainwash-poses-in-front-of-his-artwork-at-his-solo-exhibition-opening-on-February-11-2010-in-New-York-City. Thierry-Guetta-aka-Mr.-Brainwash-with-his-artwork-at-his-solo-exhibition-opening-on-February-11-2010-in-New-York-City. Thierry+Guetta-at-Solo-Exhibition-opening-in-NY.-February-10-2010-Photo-by-Rob-Loud-Getty-Images-North-America


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Losing My Heroes

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Dopo aver visto i suoi lavori in internet, la curiosità mi ha spinto a prendere un aereo per poter vedere dal vivo tutto quanto. Lui è Michele Bono,nato a Sciacca nel 1975. Dopo esser entrato nel suo laboratorio, non volevo quasi più andar via. Sembra un ambiente emotivamente forte e calmo, dove ci si fa avvolgere dai colori, e dall’uso magistrale e sperimentale che l’artista ne fa. Una tecnica matura e ben controllata, alla quale Bono riesce a legare delle allegorie celate, che richiamano i temi dell’iperrealismo e della Pop Art.

In una cittadina della Sicilia dove l’artigianato locale sembra essere composto esclusivamente da artisti ceramisti, Bono, dopo aver fatto frutto della tecnica accademica e delle maestrie da bottega, riesce ad alienarsi rispetto al panorama culturale e produttivo della città, creando questo  workshop delle meraviglie nel pieno centro storico della stessa. E come se una volta entrati, come accennavo prima, si fosse scaraventati verso i periodi dell’infanzia e si iniziasse a girare intorno volendosi comprare un’opera dopo l’altra, quasi come se l’artista fosse riuscito a trasmetterci quel desiderio verso l’oggetto estetico quasi morboso.

I maggiori riferimenti artistico pittorici, e le più evidenti influenze ci rimandano a tre grandi esponenti, che come lo stesso Bono accenna, rispondendo alle mie domande incuriosite, per la sua personale visione, sono molto collegati tra loro. Questi sono: Takashi Murakami, Chuck Close e Ron Mueck. Gli ultimi due naturalmente per l’uso dei materiali e della tecnica, per i giochi di porzioni di spazio e proporzioni delle stesse, il giapponese per i colori e per le allegorie.

Bono è un artista che sperimenta, che non sembra si sia dissetato di conoscenza, che, malgrado i suoi lavori gli permettano di fermarsi a pavoneggiare la sua elevata tecnica e capacità espressiva, si approccia a metodi  nuovi e ad uso di nuovi materiali, e passa da un formato all’altro da un taglio all’altro, dalla ritrattistica all’informale, quasi come se il suo unico intento, sia proprio quello di meravigliare e creare esperienze shock per il fruitore. A mio avviso i suoi intenti hanno risposta nettamente positiva. La serie di ippopotami e rinoceronti sospesi in aria che si librano sulla tela, con sfondi neri e colori shock e fluo con minuziosi  dettagli di occhi che sbucano da un terreno surreale, fanno notare come l’artista abbia fatto sua l’influenza dello stesso Murakami, con il desiderio di osare ancora ed ancora ingigantendo i formati. La serie di ritratti enormi ed eleganti che poggiano su una parete o sul sottoscala brillano come delle gemme che vengon fuori da una roccia arida.

L’artista, dopo le mia domanda sull’età anagrafica dei soggetti, mi risponde che il suo interesse e la sua ricerca sono talmente ampie e varie che riescono a prendere un ventaglio temporale che va dalla bambina con un cappello in testa e gli occhi grandi ed apertissimi, al marinaio stanco al quale gli occhi sembrano essersi chiusi per inerzia. Nella ritrattistica dai grandi formati, vediamo l’influenza invece dell’iperrealista Close. Mi ha colpito la bambina con sfondo azzurro e cappello sul capo, per l’uso dei colori, e per l’iperrealismo stesso con il quale Bono ricrea uno sguardo, che segue una linea che esce fuori dal frame fotografico. Come se il nostro interesse, rimbalzasse sulla tela e seguisse quello sguardo in un ambiente altro.

Ecco la meraviglia che sopra citavo. Il gioiello, originale e perfetto, è composto a mio avviso dalle maschere in vetroresina. Una serie di anziani e bambini, che ci rimandano a quella concezione classica del bello. Come quasi si potesse definire tecnicamente, liscio piccolo, ricurvo piacevole al tatto, bizzarro ed umoristico. Lì è palese l’influenza di Mueck. Tra le maschere, mi rimase impressa quella di un bambino, completamente rossa con i dentini bianco latte, che sbucava fuori dalla parete su un formato quadrato color verde mela. E da lì guardando in basso vidi un Superman obeso spiaccicato sul pavimento con una chiazza di sangue accanto e dei panini intorno.

Allora dopo aver chiesto, Bono mi rimanda all’idea che ha fatto partire il tutto, illustrandomi tele con seriali e numerosi Batman handmade su sfondi fluo, o altri supereroi obesi o suicidi. L’artista mi accenna alla morte dell’eroe contemporaneo,  immagina un uomo pipistrello ciccione che non riesce a ricreare più l’idea di un salvatore, ma di uno che come tutte le persone comuni è assuefatto dalla vita dal daily time e dalla politica e dai consumi. I materiali usati da Michele Bono sono vetroresina, smalti, acrilici, pennarelli, ceramiche, olio, cartapesta, e anche decoupage smaltato.

Una volta ho letto un libro dal titolo “L’alieno ed il Pipistrello” che accennava alla morte dell’eroe nell’arte, alla nascita del post moderno, come spezzettamento sanguinoso del soggetto artistico. Come se tutto fosse già stato creato ed ora si dovesse distruggerlo. Credo dopo esser entrato nella Bottega studio di Michele Bono, che si possa immaginare invece un ideale equilibrio tra figurativo, realistico ed informale, gigantismo ed iperrealismo. Come se potesse esserci  una fucina di sperimentazioni, dove il fine è meravigliare e ricreare senza distruggere.

G. Barbera for autreview

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www.michelebono.com
info.michelebono @ gmail.com
Tel:+39 328 211 94 20
Studio d’Arte
Piazza del Campidoglio 1
92019 Sciacca Italia


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THISISLUDO

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AutreView ha parlato tanto di arte contemporanea. Cercando di sorprendere e deliziare i suoi visitatori, regalando immagini e suggerendo eventi, mostre e diverse esperienze percettive, dalle origini della stessa ai giorni nostri. Il modo migliore per iniziare era quello di parlare di un arte che rompe gli schemi e propone un altro point of view appunto.

Dopo diversi accenni a Mr. Brainwash, The Insider, e lo stesso OBEY, oggi si parla ancora di Street Art, prendendo come suo esponente “THISISLUDO”. La maniera più congeniale è, appunto, proporre la multimedialità stessa con la quale l’arte di strada è ormai arrivata ai massimi canoni espressivi di comunicazione. In giro per il mondo potrà sempre capitare di imbattersi in qualche opera che, solo da poco tempo, si potrebbe definire d’arte.

La sua massima ed alta caratteristica è quella di essere diretta e, naturalmente, al di fuori di quelli che sono gli schemi convenzionali, con i quali osserviamo normalmente gli angoli o le vie di una qualsiasi città, nella quale ci troviamo a passeggiare per caso, da semplici cittadini che di corsa si trovano ad aspettare la metro che arrivi, o da turisti armati di reflex pronti a portarci a casa uno scatto maestoso dell’intera facciata di un palazzo completamente ricoperto d’arte.

Questa volta non servono recensioni o belle parole per elogiare il lavoro della produzione artistica in questione. Che non comprende solo outside, ma anche inside con tanto di canvass ed istallazioni. Quello che faremo sarà gustarci insieme delle immagini, che vi porteranno all’attenzione un’arte che non non si trova certo dietro l’angolo.

LUDO e le sue illustrazioni botaniche, sommerse di teschi, insetti, armi e maschere a gas. Tutto quello che è attorno a noi con una chiave di lettura color verde mela.

G. Barbera for autreview

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emergenzArtisti

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emergenza artisti

Essere un artista non è mai stato facile. Campare del proprio lavoro? Quasi un miraggio. E’ sempre stato così. Se penso agli artisti, quelli che studi nei libri, mi immagino persone divorate dall’arte, guidate da una passione talmente forte da condurli oltre la normale percezione della realtà, ignari delle regole e delle convenzioni sociali, che fanno la fame perché si dimenticano di mangiare, totalmente assorbiti dal lavoro. Ma di sti tempi, ragazzi, si muore di fame davvero! Fare l’artista oggi è praticamente impossibile. Già di base per essere un artista ti ci vuole il talento e beh, quello è il primo ostacolo. Poi devi trovare il modo di farti conoscere, un mecenate che ti prenda sotto la sua ala protettiva e creda in te. Poi devi essere capito. Apriti cielo. Ah si: e devi vendere. Abbastanza per affitto, bollette, spesa, materiali… come qualunque altra persona di sta terra.

Senza girarci troppo attorno sono tempi di merda: lo sono per le famiglie, per le aziende, per chi non sa come pagare il mutuo, per chi vorrebbe dare una vita decorosa ai propri figli. La crisi ragazzi, sapete di che parlo!

Perché allora mi soffermo proprio sulla categoria degli artisti? Perché per loro è sempre tempo di crisi… e non hanno mai mollato. Siano essi pittori, scultori, musicisti, registi, attori… la loro passione sembra non estinguersi mai. Ho visto amici fare qualsiasi lavoro, rinunciare ad ogni lusso e non solo per seguire la propria vocazione. Coltivata di notte, nei ritagli di tempo, in ogni momento possibile. Ingenui? Poco concreti? Folli? Io personalmente preferisco definirli dei sognatori. E mai come adesso abbiamo bisogno di sognatori!

Artisti emergenti, vi siete scelti una battaglia bella dura! Autreview non è insensibile al vostro destino, non possiamo fare molto ma possiamo almeno parlare di voi, della vostra storia, del vostro lavoro e dei vostri progetti! Artisti in un’emergenza che non è solo crescita ma anche una condizione. Emergenza Artisti!

Se vuoi farci conoscere i tuoi lavori o segnalarci un artista SCRIVICI! Mandaci la tua interpretazione di “emergenzArtisti” secondo il tuo stile e la tua visione….apriremo una galleria virtuale dove pubblicheremo i lavori pervenuteci!

emergenzartistilogo

E-MAIL US AT marco@autremail.com


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Io sono… Antonella Zito

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Lei è Antonella Zito. Nella vita reale è Grafica Pubblicitaria.

Ma è anche un’artista, una di quelle che ci mette l’anima! Spazia tra fotografia, video-arte, installazioni.. una che non se ne sta con le mani in mano insomma! Di lei la Professoressa Mariacarla Quaranta, critico e curatore d’arte, scrive:

Nel corso della sua maturazione la nostra artista, partendo da solide basi di sperimentazione e acquisizione delle più moderne possibilità e forme dell’operare artistico, incontra la psicanalisi e ne nasce un connubio nuovo ed originale. La scoperta dell’inconscio ha sempre permesso di scandagliare, con più acume e profondità, l’animo umano e di rendere la realtà onirica parte integrante e necessaria per la comprensione del nostro essere, così Antonella Zito fa propria questa nuova dimensione e la esprime nelle sue creazioni, utilizzando per temi “antichi” nuovi mezzi di espressione […]. L’introspezione psicologica le consente di raccontare e analizzare l’uomo, inserito in una società che l’artista osserva con ironico disincanto, svelando la nuda e triste realtà dei miti moderni, la mitomania, l’alterigia, la dissolutezza, il consumismo, con un gioco di chiaroscuri, accesi e illuminati da un rosso vivo che rievoca nella mente il sangue, che è passione, vita, ma anche morte.

Arte e Psicanalisi, mente e cuore… mi rievoca un po’ il mito di Amore e Psiche, l’apparente impossibilità di incontro delle due dimensioni, così lontane e spesso in lotta tra di loro. Eppure Antonella ce la fa: attraverso l’arte, la sua arte, mette in scena, come mi racconta lei stessa, “i difetti della società odierna, i vizi che si confondono ormai per virtù, l’emarginazione di chi è “diverso”, di chi non pensa come tutti, di chi vorrebbe distinguersi ma viene solo schiacciato dalla società massificata. L’egocentrismo dell’uomo, in cui non riesce a vedere che se stesso…c’è sempre riflessa la sua immagine, solo la sua immagine, non riuscendo a soffermarsi ad ascoltare chi gli sta intorno.
La sofferenza dell’uomo che vive e muore nel sangue, inteso in senso sia spirituale che fisico….

Autreview l’ha intervistata per voi!

Buongiorno Antonella, benvenuta su autreview! Grazie per il tempo che ci dedichi!

Ciao e grazie a te!

Innanzitutto ti vorrei presentare ai nostri lettori, chi è Antonella Zito?

Sono una grafica e un’appassionata d’arte! Ho 25 anni e sono pugliese. Dirigo un’azienda di Comunicazione e Moda denominata “Reload Factory” e nel tempo libero mi dedico all’arte e ai miei progetti. Come tecnica artistica prediligo la fotografia, le installazioni luminose, le video-installazioni e la video-arte. Il mio lavoro lo svolgo con grande passione ed entusiasmo, cercando di imparare sempre cose nuove, alla ricerca di nuovi materiali da sperimentare e nuove tematiche da affrontare. Con il tempo più che passione, l’arte, è diventata uno stile di vita, spesso con problemi di “convivenza”, di rinunce, ma ricca di soddisfazioni! E’ per questo che quando mi sveglio la mattina mi ripeto sempre che sto facendo la scelta giusta!

©-Antonella-Zito_desiderio-represso-da-una-società-liquida1

Qual è il tuo percorso? E soprattutto quanto conta la preparazione accademica e tradizionale e quanto poi l’estro personale nella formazione di un artista secondo te?

Il mio percorso è iniziato quasi per gioco per poi diventare un “gioco serio”. Il “gioco” di creare un’opera e per “gioco”, la mia prima mostra collettiva. Da quel momento non mi sono più fermata! La mia crescita artistica è stata una conseguenza di quella espositiva. Esporre a livello nazionale ti apre la mente e gli occhi. Conosci un mondo completamente diverso da quello che si vive a livello locale; penso che per un artista, sia importante conoscere altri creativi e imparare da loro!

Io ho studiato “grafica pubblicitaria” quindi non provengo da una preparazione accademica. Penso che l’estro, la fantasia e la voglia di esprimersi, siano del tutto doti innate che chi le ha, le sfrutta al massimo delle sue potenzialità. Forse è anche normale che chi è portato, frequenti istituti o accademie apposite. Per il resto, se vuoi intraprendere una strada artistica, devi dimenticare tutto quello che ti hanno insegnato, ricominciare da zero ed essere “libero” di poterti esprimere come più ti piace.

Mi dicevi che la tua forma di espressione vuole essere quasi un connubio tra arte e psicologia. Materia e mente, due antitesi che si incontrano. Come sei arrivata a questo?

Non so perché, ma ho avuto sempre un’inclinazione particolare verso la psicologia. Dalla mia prima opera ho deciso di intraprendere questo percorso…fino al mio ultimo progetto a cui sto lavorando. Nel tempo ho cambiato tecniche e modi di espressione ma la psicologia è sempre stata l’ispirazione principale, per poi trasformarla in arte concettuale.

Le tematiche naturalmente si sono evolute e sono diventate sempre più complesse. Nello stesso tempo è stata una proiezione della mia vita, in cui, in un primo momento cerchi di conoscere te stesso e i tuoi limiti per poi iniziare a guardarti intorno cercando di comprendere gli altri. Dopo la consapevolezza di sé c’è la consapevolezza della società. E qui si snodano tante strade…

Quali tecniche espressive usi di più, con quale ti senti più affermata?

Mi esprimo attraverso la fotografia, l’installazione, la video-installazione e la video-arte. Mi piacciono tutte indistintamente perché permettono di esprimermi in maniera differente. Naturalmente ogni progetto, viene anche studiato per capire con quale tecnica espressiva, posso interpretare al meglio ciò che intendo comunicare.

Se dovessi scegliere la tecnica che mi riesce meglio, secondo me è l’installazione. Mi piace l’idea che un’opera occupi uno spazio tridimensionale e che l’osservatore possa interagire e sentirsi parte di essa.

Sei giovanissima ma vedo che hai già esposto tantissimo!  Quali sono le difficoltà che incontra un giovane artista nel mondo di oggi? Non credo sia facile emergere, soprattutto in quest’epoca così digitale è sempre più difficile esporre, presentarsi, creare degli spazi..

Il mondo dell’arte (come ogni altro campo) è difficile soprattutto per noi giovani emergenti. Le difficoltà sono davvero tante. Nell’arte esistono strade parallele…dipende da dove puoi arrivare e cosa vuoi raggiungere! Bisogna cercare di capire qual è il giusto cammino da intraprendere. Ognuno ha un percorso artistico personale diverso dall’altro.

Ho capito che per andare avanti e crescere, non bisogna fermarsi mai neanche di fronte a ostacoli che sembrano insuperabili. E’ importante avere al fianco, gente che crede in te e ti sostiene! Per me è stato fondamentale il supporto della famiglia e di altre persone che hanno creduto nella mia arte e che mi hanno fatto acquisire nuove consapevolezze. Alcune volte succede, che dove pensi di non poter arrivare…ti “spingono“ gli altri grazie soltanto al sostegno morale!

io sono...ora!

Sono rimasto molto colpito dall’installazione “io sono…ora”. Trovo estremamente simbolica la canottiera bianca circondata da scritte… che allo stesso tempo sembra essere sintomo di un senso di vuoto, ma anche un foglio bianco su cui cominciare a scrivere la propria storia. Come nasce quest’opera?

“Io sono…ora!” è stata lo spartiacque che mi ha separata dalla vecchia produzione, per incominciare un nuovo “cammino” artistico. Per la prima volta, avevo deciso di staccarmi completamente da un’ipotetica bellezza esteriore dell’opera, per dar vita a qualcosa di più concreto concettualmente. E’ una delle opere che amo di più, in cui mi sento veramente dentro e che mi ha dato soddisfazioni immense fino ad oggi, esponendola in luoghi di prestigio in Roma, Milano e Palermo. La sua caratteristica principale è il poterla visionare con gli occhialini 3D. Nasce da un sondaggio fatto a persone di ideali, culture, età differenti, chiedendo di completare la frase “io sono…” e di descrivere cosa sentissero di essere in quel momento “ciò che sono ora”. Attraverso una breve frase il racconto della storia di ognuno di noi. Perciò non la considero solo la mia opera, ma l’opera di tutti quelli che hanno contribuito alla sua realizzazione!

La canotta indica l’umanità, le sue sofferenze e lacerazioni, nascere e morire nel sangue sia in senso fisico che metaforico; essere attaccati alla vita per la paura di morire.

psico-entità

In altre tue installazioni ho visto che giochi molto con le luci e i colori. Forme sinuose racchiuse in plexy cubici e spigolosi. Me ne parli?

Utilizzo sempre le luci nelle installazioni perché la luce è vita, speranza, illumina il cammino permettendoci di allontanare i cattivi pensieri.

I cubi in plexiglas e led rappresentano nelle forme e nei colori i quattro elementi naturali: aria, acqua, terra, fuoco e prende il nome di Psico-entità.

Questi quattro elementi, visti sotto l’aspetto psicologico si identificano nelle diverse personalità della società. Ogni uomo corrisponde ad un elemento che si andrà a relazionare con altri individui di elementi differenti. Le diverse ipotesi sono scaturite attraverso una relazione tra due persone di elementi differenti; in un rapporto umano, c’è la personalità più forte che prevale, creando un “generativo” o un “distruttivo” in cui si mescolano e si fondono diverse prospettive di vita, nuovi rapporti interpersonali in cui tutto diventa nuovamente possibile e pensabile.

i colori dell'anima

C’è qualche grande artista o famoso sconosciuto che tu ammiri e che ti dà ispirazione? Qualcuno da consigliare ai nostri lettori?

Agli inizi mi sono ispirata a Kandinskij. Ho sempre amato questo artista e lo apprezzo tutt’ora! E’ il mio preferito in assoluto. Un altro che considero artista che per me è totalmente geniale è il regista Bergman. Ho guardato quasi tutti i suoi film che mi hanno ispirata alla realizzazione della video-arte “Onirica Realtà”.

Con il tempo, artisticamente, sono cambiata molto e quasi inconsciamente ho intrapreso una strada personale che non s’ispira a nessuno in particolare.

Per il resto apprezzo tutti gli artisti che ho modo di conoscere e cerco di imparare sempre qualcosa dalla loro arte e dalla loro esperienza. Tutti mi hanno lasciato qualcosa…anche quando non me ne sono accorta!

Per ora ti ringrazio Antonella, e complimenti tantissimi ancora! spero a presto con tuoi nuovi lavori!!

Grazie a te Marco! E’ stato davvero un piacere! Spero di poter presentare su autreview nei prossimi mesi il mio nuovo progetto a cui sto lavorando!

Per approfondire visitate direttamente il suo sito su: www.antonellazito.it.

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Manuel Baldassare – Reanimation Art

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Conosco Manuel da diversi anni, abbastanza da poter dire “da sempre”. Artisticamente l’ho conosciuto in primis come cantante e front man di un gruppo: gli Elkann Henudo… e già dalle sue composizioni e dai sui testi si potevano intuire una mente creativa ed un fiume di idee sempre in evoluzione, sempre in movimento. Manuel è un tipo che non è capace di starsene fermo, su questo non ci sono dubbi! Successivamente l’ho conosciuto anche come pittore, e ne sono rimasto molto sorpreso. Soprattutto per la forza che emanano le sue opere, la totale noncuranza nei confronti del fruitore. I suoi quadri nascono per se stessi. Il loro obiettivo è lanciare un messaggio, svegliare coscienze. In questi giorni Manuel Baldassare è presente alla 55esima Biennale di Venezia con un’istallazione dal titolo emblematico: Reanimation Art. L’ho incontrato per una breve intervista e per saperne di più. Ecco a voi cosa ne è venuto fuori! Enjoy!

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Manuel Baldassare vive e lavora a Parigi, dove dal 2010 al 2012 è stato in residenza presso lo spazio d’arte indipendente 59 di Rivoli.

Nello stesso periodo e fino al marzo 2013, Baldassare è direttore artistico del Petit Théâtre du Bonheur di Montmartre dove si occupa della selezione e della programmazione degli spettacoli teatrali e della concertistica. Nel 2011 Baldassare dà vita al gruppo artistico internazionale ed interdisciplinare ” Voix Etranges” (Voci Estranee) con il quale partecipa a mostre in U.S.A., Francia, Svizzera, Italia e Grecia e Slovenia. Dal 28 settembre al 27 ottobre l’artista espone, durante la 55° Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia nel Padiglione della Repubblica di Costa Rica, la sua installazione: Reanimation Art.

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C’è un messaggio dietro ai tuoi lavori? quale?

La mia poetica è ed è sempre stata indirizzata alla ricerca della purezza dell’animo e della mia spiritualità. La pittura, le installazioni plastiche e quelle sonore mirano ad avvolgere lo spettatore in modo che si ritrovi in una dimensione parallela, stagna. La mia visione delle dinamiche socio-culturali della contemporaneità vissuta è la mia linfa creativa, in un mondo dell’arte fatto di mercificazione e artigianato dove la posizione dell’artista ha una valenza molto labile. Le mie installazioni dissacrano, tendono a demolire le gabbie mentali della schiavitù moderna.

Quali pensi siano le responsabilità degli artisti nei confronti del mondo?

Credo che un artista debba essere in grado di esprimere una visione cosmica dell’oggi. Cioè rendere possibile un trasporto pluridimensionale dello spettatore. Anche se in primis la mia produzione è fatta per capire me, quindi espanderne i contenuti come dono è un gesto altruista.

Esiste una libertà di espressione?

La libertà di espressione esiste per coloro che la prendono in considerazione. Non credo si debba parlare di libertà di espressione, ma di purezza del messaggio artistico, che può anche ledere la libertà altrui, ma dato che nasce puro, non nasce per ferire nessuno ma per illuminare, è una questione d’intelligenza.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Ho alcune idee da sviluppare per i prossimi progetti. Subito dopo la biennale, rientrerò a Parigi per un po’.

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REANIMATION ART

Installazione di Manuel Baldassare durante la 55° Biennale di Venezia nel Padiglione della Repubblica di Costa Rica. Nel contesto moderno, meccanico e sfuggente, in cui l’arte esala gli ultimi respiri, l’opera “Reanimation Art” è un messaggio di speranza che cela un sottile velo di ottimismo nella provocazione artistica di Manuel Baldassare. L’artista friulano da anni trapiantato a Parigi propone un intervento artistico durante la 55° Biennale di Venezia nel Padiglione della Repubblica di Costa Rica, basato su alcune delle tematiche che più lo appassionano. La de-personalizzazione dell’opera e l’anti mercificazione dell’arte hanno portato l’artista a sviluppare un percorso installativo dove le cornici d’oro appese ai muri al posto di tele o quadri contengono delle flebo di colori radioattivi che vengono fatti gocciolare dalle canule delle flebo stesse sulle tele disposte a terra. È l’ultimo stadio dell’arte, in cui le cornici simboleggiano l’inutile importanza data al contorno dell’opera in un mondo dell’arte mercificato, dove è il mercato a fare l’opera, dove l’ascesa dell’artigianato e della riproduzione in serie hanno preso il sopravvento sulla nobiltà dell’animo e sulla poetica della produzione. Le flebo sono un intervento caritatevole, una cura che deve rianimare e far ripartire dalla spontaneità, per questo i colori contaminati contenuti dalle flebo, goccia dopo goccia vengono a creare liberamente ma tramite un oggetto meccanico, evoluzioni di colore sulle tele che esauste giacciono a terra nella speranza di essere risollevate. Eden 742, l’installazione sonora che accompagna l’intervento è la sintesi di suoni che s’intervallano tra elettronica, acustica e suoni naturali. Essa vuole sintetizzare il rientro da un coma, quindi un risveglio.

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